Non arrendersi mai. È stata la prima manche europea del circuito Rainforest Challenge Global Series (RFCGS), ideato dal patron Luis J.A. Wee, a svolgersi in questa difficile stagione motoristica 2020 rallentata dall’emergenza sanitaria del Covid-19. I dintorni della seconda più grande città dell’Ucraina, Kharkhiv, hanno ospitato in un soleggiato week end d’inizio giugno un’avvincente due giorni all’insegna dell’offroad estremo, tra fangaie profonde e passaggi nell’acqua al limite dell’impossibile, con un tracciato degno di quello dell’evento finale che si svolge, ogni anno fra novembre e dicembre, in Malesia.
“Un fine settimana di grande successo per lo sport motoristico che, finalmente, dopo mesi di chiusura dovuti alla pandemia, ha ripreso il suo percorso permettendo a piloti, team e appassionati di 4×4 estremo di affrontarsi sui terreni più impegnativi – commenta entusiasta Luis J.A. Wee – Questo difficile periodo ha però dimostrato come l’uomo sia in grado di elaborare sempre modi e mezzi nuovi per superare le insidie incontrate sul proprio cammino. Un atteggiamento che vale nella vita di tutti i giorni così come nel fuoristrada dove gli ostacoli naturali devono essere superati per raggiungere il traguardo e la destinazione finale”.
Alla periferia di Kharkhiv, i campi di battaglia destinati alle prove speciali di questa prima manche europea del 2020 sono stati scelti privilegiando terreni ondulati caratterizzati in special modo da ripide salite e passaggi immersi letteralmente nell’acqua: nulla di semplice, insomma, come nella migliore tradizione del Rainforest Challenge nella giungla malese. Dopo mesi di inattività, gli equipaggi hanno dato il meglio di sé sfidandosi con le manovre più impensabili per conquistare il podio assoluto di categoria: R1 prototipi, R2 produzione modificata e R3 standard per i 4×4 affiancati anche da ATV, UTV e quad.
Abilità di guida e tecniche di recupero con il verricello hanno riscosso gli applausi di tanti appassionati che, nel rispetto delle distanze anti virus, hanno assistito a questa prova del Rainforest. A proposito, sapete che quest’anno l’RFC si è classificato come terza gara di offroad estremo più difficile al mondo dopo la Baja 1000 in Messico e la Dakar in Arabia Saudita? Un riconoscimento importante ottenuto, fra l’altro, in occasione del 25° anniversario del Rainforest che raggiunge così nel 2020 il quarto di secolo.
Tornando alla gara, fra gli iscritti 4×4 nei prototipi il primo gradino del podio è andato a Eugen Rakhmailov navigato da Nikolaii Shymeiko seguito da Treguba/Treguba e Burov/Ivchenko al secondo e terzo posto della generale. Nei modificati la medaglia d’oro l’ha conquistata Urii Salkov mentre in categoria standard ad avere la meglio sono stati Alexandr Domnikov e Serhiy Paladii. Fra gli UTV vittoria di Olexandr Cheromyhin seguito dall’equipaggio femminile Maria Petrova e Maria Volkovskaya; Fomenko/Bondarenko e Viunikov/Gryva si sono infine aggiudicati la piazza principale negli ATV e quad.
Un ringraziamento per l’ottima riuscita dell’evento va agli organizzatori della manche ucraina, (lo staff dello Slivia4x4), ai vincitori, al pubblico numeroso e agli sponsor che ne hanno permesso lo svolgimento.
Le prossime tappe del circuito internazionale RFCGS si svolgeranno a partire da questi mesi estivi (a settembre è in programma un’altra manche in Ucraina ancora nei dintorni di Kharkhiv) mentre l’evento finale sarà ospitato in terra malese dal 27 novembre all’8 dicembre.
Trenta equipaggi si sono sfidati in 42 prove speciali nella giungla del Kelantan per aggiudicarsi la vittoria di una delle gare off-road più dure al mondo. Ecco come è andata la passata edizione dell’evento malese che ripercorre le orme del Camel Trophy e che nel 2020 festeggerà i 25 anni.
Neanche Luis J.A Wee, patron del Rainforest Challenge Malesia, aveva mai visto una cerimonia d’apertura e un prologo così piovosi. Fra tutte le 24 edizioni dell’evento, quella del 2019, svoltasi dal 29 Novembre al 9 Dicembre nel territorio del Kelantan, è stata caratterizzata da una pioggia battente, come poche se ne erano avute. Nulla di così strano in realtà visto che il nome, Rainforest Challenge, significa per l’appunto “sfida della foresta pluviale”. Per 11 giorni, dall’inizio alla fine, 30 equipaggi provenienti da tre continenti – Asia, Europa e Sud America – si sono sfidati sotto un’acqua incessante, in mezzo al fango, per conquistare la vittoria assoluta di una delle più blasonate gare internazionali di off-road, una di quelle in cui se sei già allo start vuol dire che sei un vincitore. Una sfida contro madre natura, i suoi ritmi e le sue leggi (da rispettare); e se riesci a percorrere quelle centinaia di chilometri dalla partenza alla linea d’arrivo fra continue insidie e ostacoli naturali, vuol dire che sei uno in gamba. Perché qui, da sempre, arrivano “only the braves”, solo i più coraggiosi.
E ancora una volta, sin dall’inizio, protagonisti del challenge malesiano 2019 sono stati proprio quei tradizionali monsoni che hanno portato acqua, tanta acqua, già il 1° Dicembre a Panau Hill poco prima che i team iniziassero a sfidarsi più agguerriti che mai. Quattro differenti aree del Kelantan, territorio a nord-est della penisola malese, hanno ospitato i 42 settori selettivi (altro record di questa edizione) che si sono disputati in occasione del Prologo SS (Panau Hill e Tanah Merah), Predator (Air Naga e Tanah Merah), Terminator (Istana Sangkut, Sg Rek e Kuala Krai) e infine Gua Musang (RFC Kesdear). L’evento finale del Rainforest ha preso il via ufficialmente il 29 Novembre dall’Hotel Ibis KLCC di Kuala Lumpur alla presenza dei rappresentanti di Tourism Malaysia, preludio di quello che sarà Visit Malaysia Year 2020. Il percorso ha portato i partecipanti dalla capitale KL allo stato di Kelantan attraverso Kota Bahru, Tanah Merah e Kuala Krai per poi terminare nella città di Gua Musang. Il primo arrivo del monsone ha colpito duramente anche queste zone del paese con forti acquazzoni, specialmente durante i primi 3 giorni, rendendo tutto estremamente fangoso e ancora più complicato del normale.
La partenza degli equipaggi è avvenuta sotto la pioggia a Kota Bahru il 1° giorno di gara dal GRV Hotel in direzione di Bukit Panau per il Prologo SS a Tanah Merah: precipitazioni senza sosta, con forti venti che soffiavano da nord-est, hanno fatto ripensare al 2007, l’anno della grande alluvione. Nonostante la pioggia battente e la grande tensione d’inizio gara, piloti e veicoli hanno affrontato e completato le prime dieci prove speciali in programma l’1 e 2 Dicembre sempre sotto il costante supporto aereo e terrestre delle forze di polizia malese, schierate, come da tradizione, per garantire le comunicazioni e la sicurezza generale di questa importante gara di fuoristrada estremo. “Il Rainforest è un evento creato per testare uomini e macchine al cospetto della natura e delle sue insidie, è un test sulle tecniche di guida e di recupero attraverso i più differenti ostacoli dove si richiede la scelta delle giuste competenze e strategie – spiega Luis J.A Wee – Per superare tutto ciò è fondamentale anzitutto l’affiatamento tra guidatore e navigatore che permette di arrivare a fine giornata completando le prove. Questa è la routine quotidiana delle squadre durante l’intera durata dell’evento!”.
Dopo le estenuanti sfide a trazione integrale del prologo, gli equipaggi sono scesi in campo per affrontare la temibile Predator di Air Naga (“drago dell’acqua”) dove tutti i principali team di Russia, Malesia, Ucraina, Sri Lanka, Brunei, Indonesia e Mongolia hanno dimostrato di essere in ottima forma sin dai primi 4 giorni di gara. Da qui è stato un costante crescere di acrobazie immerse nel fango e nell’acqua prima di approdare al quinto giorno, nell’area dell’altrettanto famigerata Terminator Zone dove si è continuata la lotta per la supremazia in un terreno ondulato e roccioso attraversato dal ruggente fiume Rek. E proprio qui i piloti sono stati messi nuovamente alla prova per raggiungere Gua Musang. Nonostante le difficoltà legate al corso del fiume, i due giorni previsti qui (6 e 7 Dicembre) sono stati ricompensati dalla gentile ospitalità nel resort Istana Sangkut di proprietà di Ismail Manaf che ha accolto i partecipanti nel rispetto totale di cultura e tradizione locali. Alla fine, la sera del 7 Dicembre, tutti i team hanno raggiunto in sicurezza la zona della battaglia finale, nota come RFC Kesedar (Gua Musang): al termine della SS 42, l’ultima in programma, un grande entusiasmo ha animato chi, nonostante le mille difficoltà e insidie, è riuscito a completare il Rainforest Challenge. L’appuntamento è per Dicembre di quest’anno quando l’evento creato da Luis J.A Wee festeggerà i 25 anni con un programma che si preannuncia sin d’ora all’insegna di fango e acqua. Nella migliore tradizione del Rainforest.
Si
ringrazia:
Ministry of Tourism, Arts & Culture, Ministry of Federal
Territories, Ministry of Youth & Sports, Ministry of Rural
Development, Tourism Malaysia, City Hall Kuala Lumpur (DBKL), Visit
KL, Royal Malaysian Police (Air Wing, Traffic & Gen
Operations Force), Tourism Kelantan, KESEDAR (South Kelantan Dev
Authority), Kota Bahru District Council, Tanah Merah District
Council, Gua Musang District Council, Petron Malaysia, ibis KLCC
hotel, Explorer, Grand River View hotel, APM, 4WD
Equipment, Istana Sangkut (Catel, Kuala Krai), Magam, Q1 Academy,
Morakniv, Quicksand Ent, Pro-X, Stcrubej, Beaume, Moveon (Coilover
Specialist), Thunder 4×4, KMT, JIM projects/logistics & Kesedar
Inn Gua Musang.
Classifica
Rainforest Challenge – Malesia 2019
R1
– Categoria Prototipi
CampioneTeam
n°105 – Russia (Primorye): Valeriy
Lyubarenko
& Andrei Katkov
Team
n°118 – Malesia (Team
7 Café): Razuan
Bin Stafa Khairul
& Abdul Hadi Muhamad Syafiq
Team
n°112 – Ucraina (Team Shrek Odessa): Oleh Tryhuba & Roman
Gorbachenko
Team
n°129 – Malesia (Team RFC Kelate): Shafiq Md Rifin Mohd Shazrul &
Syafiq Ab Rahman Mohamad
Team
n°110 – Russia (Team Shakalin): Vadim Khmelev & Sergey Konev
R2
– Categoria Modificati di serie
Campione
Team n°137 – Malesia (Team Terbang): Heng Sik Hock & Eler
Long Chak
Team
n°117 – Malesia (Johor): Joo Tan Eng & Siang Tay Wei
Team
n° 123 – Malesia (Team Belantara): Samsudin Zaidi Mohamad &
Abd Sallam Mohd Muhaymin
Team
n°109 – Sri Lanka (Team Maxxis): Indika Sanjaya Kulugammanage &
Marapana Navin Surath
Team
n°125 – Malesia (Team Terbang): Azrey Ismail Mohd Zul &
Zakaria Mohd Nizarman
R3
– Categoria Produzione
Campione
Team n°126 – Malesia (Team Terbang): Ab Rahman Mohamad Rizal &
Abdullah Muhamad Fariqal
Team
n°122 – Malesia (Team RFC Kelate): Abd Razak Mohd Norulhafis &
Ameen Muhamad
Team
n°127 – Malesia (Team Terbang): Abd Hamid Ikhwan Nassier &
Faizul Abdullah Mohammad
Team
n° 101 – Brunei/Malesia (Team Comeup): Pek (Vance) Lee Khin &
Kiat Yong
Team
n° 102 – Malesia/Indonesia (Team Comeup): Peng Chee Mei &
Sushanty Arleli
Testo Sonja Vietto Ramus Foto Pavel Mothejl
Questo messaggio è visibile solo agli amministratori.
Problema di visualizzazione dei post di Facebook. Cache di backup in uso.
Dall’Ungheria alla Sierra Leone: 17 giorni, 14 tappe, più di 8 mila chilometri (500 al giorno di media) e due progetti solidali. Il rally amatoriale più grande del mondo, la Budapest-Bamako, è pronto per la sua 13^ edizione in programma dal 31 Gennaio al 16 Febbraio 2020. Ecco tutto quello che c’è da sapere.
Chi non sogna (o ha sognato) la Dakar, l’Africa e il Sahara? La
Budapest-Bamako, The Great African Run, è dedicata a loro, a
chi il deserto e i paesaggi africani li ha nel cuore. Competizione
amatoriale, avventura estrema e manifestazione solidale: insomma, uno
di quegli eventi che lascia il segno. Un viaggio di migliaia di
chilometri, su terreni spesso ostili, che da una delle più
suggestive capitali d’Europa, Budapest per l’appunto, accompagna
sino al continente africano. Giunto alla sua tredicesima edizione,
nel 2020 il raduno amatoriale più grande del mondo ritorna in Africa
occidentale con un tracciato che si preannuncia come il più lungo e
impegnativo nella storia della Budapest-Bamako: “Non ci siamo
mai avventurati così profondamente nel cuore dell’Africa
occidentale: il percorso sarà spettacolare e difficile allo stesso
tempo – spiega Andrew G. Szabo, creatore dell’evento – Una
corsa come sempre piena di colpi di scena, tante curve e avventure
inaspettate. Per le squadre in categoria racing e 4×4 il tracciato
sarà sorprendente e molto molto impegnativo. Per gli iscritti in
moto ci saranno paesaggi naturali mozzafiato e un itinerario
tutt’altro che semplice ma che darà grandi soddisfazioni”.
Provenienti da Ungheria, Spagna, Finlandia, Lituania, Romania,
Repubblica Ceca, Croazia ma anche Canada, Australia e India (oltre a
tanti altri paesi), più di 250 equipaggi su due e quattro ruote
stanno ultimando la preparazione in vista della partenza. E per
l’Italia? A tenere alti i colori del nostro paese sarà la
bravissima Laura Cola in sella alla sua Honda CRF250 Rally (Team
Applebanger-Horowitz). Pronti a seguire la “grande corsa africana”?
Come
partecipare alla Budapest-Bamako
Quattro le categorie a cui ci si può iscrivere. Per i più
competitivi l’immancabile “Racing” in cui gli equipaggi
dovranno completare le tappe giornaliere partendo dal punto di start
e arrivando a quello finale: lungo la strada “punti di navigazione”
prestabiliti, di solito dati da coordinate GPS, dovranno essere
trovati, fotografati e riportati su una tabella di gara quotidiana. A
vincere, la squadra con più punti. La velocità non sarà però un
fattore decisivo (anzi per gli eccessi di speed in prossimità
e nelle aree residenziali saranno assegnate penalità). Conteranno di
più abilità di guida e navigazione. Per chi sceglierà invece di
schierarsi nella “Touring 4×4” non saranno previsti
punteggi, sfide o luoghi in cui arrivare e da fotografare: gli
equipaggi qui iscritti riceveranno un roadbook dettagliato con le
tappe giornaliere e alcuni aiuti quotidiani alla navigazione.
Avventura, scoperta, feeling con gli altri partecipanti e la visita a
luoghi del mondo che non si sapeva neppure esistessero saranno gli
unici elementi fondamentali. I tracciati offroad impegnativirichiedono però l’utilizzo di un buon veicolo a trazione
integrale. Chi non possiede un 4×4 può iscriversi nella “Touring”
e partecipare con un’autovettura (è consigliata però un minimo di
preparazione) anche se stare dietro al volante di un veicolo senza
quattro ruote motrici non garantisce certo l’assenza di strade
sterrate o tratti difficili da affrontare. Infine, la “spirit
category”. Di cosa si tratta? In pratica è la stessa del
“Touring” ma vi si partecipa senza tassa d’iscrizione. A
patto che si mantenga lo spirito originale della manifestazione e
che, con il proprio progetto, si rientri in quei 20 posti
disponibili ad ogni edizione.
Il percorso dell’edizione 2020
La manifestazione partirà ancora una volta da una delle città più
belle d’Europa, Budapest, il 31 Gennaio 2020. Una lunga fase di
maratona in Europa porterà poi le squadre iscritte a raggiungere
Genova o uno dei porti spagnoli per la traversata in traghetto (le
attività di gara si svolgeranno solo in Ungheria e Slovenia la notte
della partenza).
Una volta giunti in Marocco, spettacolari
strade di montagna e percorsi rocciosi attraverso l’Atlante
porteranno fin sulle vecchie piste della celebre Dakar. Il tracciato
si snoderà sul lato orientale più caldo e meno umido del paese
cercando di evitare pioggia e neve; tappe complesse e impegnative ma
più brevi per permettere di sperimentare e scoprire questo
fantastico territorio. A Zagora e nell’Erg Chigaga i team potranno
osservare da vicino la vita touareg e le culture sahariane prima di
proseguire sulle strade sterrate del Sahara. La manifestazione
trascorrerà una notte intorno alla sorgente termale segreta di
Dakhla. Si raggiungeranno poi i luoghi più spettacolari della
Mauritania con alcune destinazioni classiche e pura guida sahariana.
Cosa attendersi? Dune di sabbia dorata, sentieri e saline veloci e,
non per ultimo, il suggestivo Parco Nazionale Banc D’Arguin. Team e
fuoristrada avranno la possibilità di guidare nelle sabbie più
profonde del Sahara. Savane erbose daranno poi il benvenuto in
Senegal: qui si potrà scoprire la vita tradizionale dei villaggi
africani sotto antichi baobab, guardare ippopotami e coccodrilli nel
fiume Gambia o visitare il Parco Nazionale Simenti per giocare con le
scimmie. A sostituire le savane saranno aree verdi boscose e umide:
gli equipaggi attraverseranno gli altipiani montuosi dalla Guinea
centrale alla Sierra Leone settentrionale entrando nel territorio di
una delle destinazioni turistiche più trascurate al mondo seppur
caratterizzata da spiagge sabbiose con grandi palme e pittoreschi
villaggi africani. Un breve soggiorno a Bumbuna Falls precederà il
traguardo ospitato nella capitale costiera di Freetown. Sarà lo
stadio nazionale di calcio Siaka Stevens (abbastanza grande
per ospitare oltre 250 veicoli e migliaia di tifosi locali),
intitolato al primo presidente della Sierra Leone che ne approvò la
costruzione, a accogliere la cerimonia di arrivo. “Siamo
entusiasti del fatto che le squadre potranno tagliare il traguardo
nella sede sportiva più importante del paese – conclude Andrew
G. Szabo – Non avremmo potuto trovare un luogo migliore e più
adatto. In bocca al lupo a tutti gli iscritti: sarà un’avventura
straordinaria”.
Fuoristrada
e solidarietà
Da sempre la Budapest-Bamako abbina offroad e avventura a progetti soldali. Per questa edizione sono ben due le iniziative a cui gli organizzatori lavorano da tempo. Il primo riguarda il progetto “Acqua pulita per il Senegal” che ha come obiettivo quello di fornire un sistema di acqua potabile per il villaggio di Dindefelo con pompe ad energia solare e un sistema di filtrazione. La cerimonia di inaugurazione dovrebbe avvenire il 13 febbraio 2020. L’altro invece è la piantumazione di alberi da frutto e da olio medicinale in Sierra Leone per compensare le emissioni di carbonio: il paese è stato purtroppo vittima di tagli selvaggi e numerosi incendi in agricoltura oltre che di pratiche irresponsabili di gestione delle foreste. “Puntiamo a piantare 2000 alberi che non solo miglioreranno la qualità dell’aria e forniranno ombra ma produrranno entrate in contanti per gli abitanti del villaggio per molti anni a venire. Il nostro progetto mira a distribuire e piantare alberi di Neem e altri da frutto lungo il percorso di Bumbuna Falls Freetown. E agli abitanti del villaggio verrà insegnato come gestire e prendersi cura degli alberi” – concludono dallo staff organizzatore.
L’abbandono del leader Vivier con la sua Renault 5 Turbo ha permesso a Francois Foulon di approfittare dell’ultima speciale di questo Tour de Corse Historique per conquistare la vittoria con 1 solo secondo di vantaggio su Christophe Casanova, secondo classificato. Bella gara anche per gli equipaggi italiani.
Imprevedibile sino alla fine. E fra le più emozionanti degli ultimi
anni. Il verdetto della 19^ edizione del Tour de Corse Historique
(7-12 Ottobre) è arrivato solo sul traguardo di Porto Vecchio dopo
cinque intensi giorni di competizione segnati da sei cambi di leader.
L’ultima tappa (Ajaccio-Porto Vecchio), poco più di quattro ore di
gara su un percorso molto selettivo di 348 km, ha decretato il
vincitore assoluto di uno dei più prestigiosi eventi motoristici
internazionali dedicati alle auto storiche. A separare i primi due
equipaggi saliti sul podio in categoria VHC (veicoli storici da
competizione) è stato 1 solo secondo sufficiente però alla Ford
Escort MK2 di Foulon/Mattei per imporsi sulla Bmw M3 di
Casanova/Delleaux. Ancora una volta, il Tour de Corse Historique
organizzato dal “patron” José Andreani si è rivelato un
grande successo in grado di mescolare sapientemente ogni tipologia di
auto da corsa, dagli anni ’50 agli anni ’90, in due gare parallele.
Da un lato, la velocità pura riservata agli iscritti in VHC e
dall’altro, la regolarità per gli equipaggi in categoria VHRS
(veicoli storici di regolarità sportiva): entrambi hanno percorso le
stesse strade tortuose che da anni creano la fama automobilistica
della Corsica. Novecento km totali da percorrere in cinque tappe e
sedici prove speciali (circa 350 km) hanno caratterizzato il
programma 2019 con ben 174 partecipanti al via. La prova speciale
Notre Dame de la Serra-Col de la Croix, 53 km lungo un belvedere fra
i più suggestivi del paese, doveva essere il luogo decisivo in cui
giocarsi la vittoria durante la penultima tappa. In realtà, la gara
è stata elettrizzante e incerta dal primo all’ultimo giorno con un
risultato totalmente inaspettato.
Bagarre in VHC: a Foulon la 19^ edizione del TdCH
Approfittando delle eccellenti condizioni meteorologiche, gli
spettatori si sono dati appuntamento sul percorso sin dai primi
chilometri della Palombaggia per applaudire i piloti. E le emozioni
non si sono fatte attendere. Dalla prima tappa Joël Marchetti,
navigato da François-Xavier Buresi, si è distinto al volante della
sua Ford Escort MKI e ha iniziato a costruire le basi di un possibile
futuro successo sino a quando un guasto all’alternatore ha tradito
le sue aspettative subito dopo il raggruppamento a La Porta durante
la terza tappa. Da quel momento, la gara è proceduta a colpi di
scena con diversi piloti che si sono succeduti l’uno l’altro fino
al traguardo finale.
Il risultato è stato così un vero e
proprio spettacolo tumultuoso. Durante la tappa Saint-Florent/Calvi
(205 km totali di cui 82 di PS), Pierre Vivier (Renault 5 Turbo) ha
preso il comando della gara prima di essere ritardato da un giro che
lo ha costretto a consegnare al belga Alexandre Leroy (Mazda RX7) il
miglior tempo sul traguardo di Calvi. Verdetto ribaltato però la
mattina seguente a causa di una noia meccanica al veicolo #11 come
per la Porsche 911 di Caruso/Santini. Un doppio ritiro che ha
consegnato il comando provvisorio a François Foulon e al suo
compagno di squadra Sébastien Mattei. Al volante di una scintillante
Ford Escort MK2, il campione francese VHC del 2016 ha lottato per
contenere il ritorno di Pierre Vivier alla guida di un’automobile
molto più potente. Per la R5 di Vivier due tappe in testa alla
classifica generale non sono state però sufficienti: un errore
nell’ultimo settore a tempo ha infatti annullato tutto il suo
vantaggio; un passo falso che ha assegnato la vittoria sul filo del
rasoio a Francois Foulon al traguardo davanti a Casanova con 1
secondo nonostante un guasto ai freni. Il podio finale è stato
completato dall’equipaggio belga Christian Kelders/Patrick Chiappe
(Porsche 911), in vantaggio su altri due modelli del marchio tedesco
(Antonini/Dini e Deblauwe/Lemaire, rispettivamente quarti e quinti).
“Sono molto felice di questa vittoria con la Ford soprattutto
perché in sei mesi ha tagliato il traguardo per prima ben tre volte
– commenta soddisfatto Foulon – Ma non è stato per niente
facile. Questo è un rally lungo e complicato che ha messo a dura
prova uomini e mezzi meccanici. Lungo la speciale sul Colle di
Bavella problemi ai freni ci hanno costretti ad alzare il piede
dall’acceleratore: è stata una bella battaglia sino alla fine e lo
prova il fatto che fra noi e il secondo classificato ci sia 1 unico
secondo”.
La categoria VHRS consegna il podio alla Renault 5 Alpine di
Verneuil/Scudier
A segnare nella sua prima parte la prova di regolarità è stato
Bernard Figuière, su Porsche 911 Carrera RS, navigato da Isabelle
Godin. Il leader è stato però poi espropriato del suo vantaggio
durante la terza tappa (Saint–Florent/Calvi) da Jean-Pierre
Verneuil e Jerome Scudier che hanno mantenuto la loro leadership sino
all’arrivo a Porto-Vecchio dove hanno vinto con sette punti di
vantaggio (83). A completare il podio, l’italiano Giorgio Schon,
con Francesco Giammarino, su Porsche 911 (93 punti).
Gli italiani in gara fra VHC e VHRS
In VHC il miglior tempo per l’Italia è stato conquistato da Silvio
Perlino e Serena Giuliano con la loro Opel Kadett GTE: per
l’equipaggio #49 questo Tour de Corse Historique si è concluso con
un 22° posto (su 61 classificati) e un tempo di 4h26’27”. Bella
prova anche per Luisa Zumelli e Paola Valmassoi su Porsche 911
Carrera RS che hanno tagliato il traguardo a metà classifica
piazzandosi 33esime in 4h31’13”. Le due portacolori del Team di
Bassano del Grappa hanno fatto registrare un eccellente 21° tempo
nella speciale “Plage du Liamone-Serrola/Carcopino” e un
altrettanto interessante 27 best lap nella PS “Castifao-Olmi
Capella”, entrambe lunghe 23-24 km. Costretti invece a non
raggiungere il traguardo finale di Porto Vecchio Maurizio Elia e
Lucia Zambiasi su Ford Escort RS 1.6. Anche gli italiani iscritti in
regolarità sportiva hanno detto la loro in questa intensa edizione
del Tour de Corse Historique che nel 2020 festeggerà il ventennale.
Oltre al già citato Giorgio Schon, che dalla sua prima gara
disputata nel 1967 (a 21 anni con una Mini Cooper S inglese al Rally
di Montecarlo) continua a prendersi soddisfazioni al volante, al nono
posto si sono classificati Luigi Palazzi e Danilo Scarcella (#240) su
Opel Kadett GTE. Tredicesima posizione invece per Sergio Aravecchia,
navigato da Carlo Merenda, su Fiat 128 Rally mentre il 17°
piazzamento della generale è andato a Roberto Gorni e Angela Grasso,
equipaggio #229 su una Fiat 124 Abarth Rally. Costretti al ritiro
Alessandro Olivieri e Cesare Rainisio (#231) con la loro Ford Escort
RS 2.0 out nella quinta e ultima tappa così pure come Eugenio
Rossi/Michelle Perlino su Lancia Flavia Coupé 1.8.
Classifica TdCH 2019 VHC
#3 Foulon-Mattei (Escort MK2) 4h06’35”
#7 Casanova-Delleaux (Bmw M3) 4h06’36”
#6 Kelders-Chiappe (Porsche 911) 4h08’14”
#8 Antonini-Dini (Porsche 911) 4h11’26”
#22 Deblauwe-Lemaire (Porsche 911) 4h11’43”
Classifica TdCH 2019 VHRS
#254 Verneuil-Scudier (Renault 5 Alpine) 83 pt
#219 Figuiere-Godin (Porsche 911 Carrera RS) 90 pt
È nella top ten delle gare motoristiche più difficili al mondo assieme alle americane Pikes Peak e King ofthe Hammers, alla 24 Ore di Le Mans, all’Erzberg Rodeo in Austria, alla Baja 1000 in Messico e al Tourist Trophy sull’Isola di Man. Il Rainforest Challenge, creato da Luis J.A Wee per ripercorrere le tracce del celebre Camel Trophy, è uno degli eventi a trazione integrale più ambiti da chi pratica fuoristrada estremo. Una sfida a cui, da oltre due decenni, i team più blasonati di questa specialità a quattro ruote motrici si danno appuntamento per conquistare un podio che va oltre la semplice vittoria. Qui, dove arrivano solo i più coraggiosi, la vera conquista è affrontare madre natura. Oggi, il Rainforest Global Series (ideato sempre dal patron Wee) è un circuito off-road internazionale che tocca 22 paesi del mondo e conta 45 differenti eventi. E la Malesia ne ospita la gran finale. La prossima edizione, in programma dal 28 Novembre al 9 Dicembre, vedrà i partecipanti sfidarsi nel territorio del Kelantan con un prologo lungo la spiaggia affacciata sul Mar Cinese Meridionale e decine di prove speciali nel cuore della foresta pluviale. Start da Kota Bharu con verifiche tecnico/amministrative e briefing e finish a Gua Musang con l’ultima special stage che si preannuncia sin d’ora più agguerrita che mai. Le centinaia di chilometri fra queste due località? Costellate di insidie e ostacoli naturali, come nella migliore tradizione del Rainforest.
RFC 2018: l’edizione dei record
L’anno scorso, per la prima volta nella sua storia, la finale del Rainforest Challenge si è svolta nel sultanato del Kelantan, a nord-est della penisola malese, territorio che ogni anno affronta l’ira dei monsoni. Ma quella del 2018 è stata anche l’edizione (la 23^ dalla sua origine) con il settore off-road più lungo in assoluto (circa 300 km) e il maggior numero di prove speciali (32) per gli equipaggi in gara. Due Twilight Zone e l’arrivo con premiazione a Pos Gob, insediamento aborigeno nel cuore della giungla, hanno fatto di questa finale del Rainforest uno degli eventi di fuoristrada più estremi al mondo. Ad affrontare le temibili Predator e Terminator (nomi che evocano bene le difficoltà di un percorso impervio e accidentato) sono stati team provenienti da 30 nazioni fra cui Russia, Repubblica Ceca, Filippine, Mongolia, Cina, Corea, Stati Uniti, Polonia, Indonesia, Tailandia, Ucraina e Ecuador: per 12 giorni (contro i tradizionali 10), i piloti più coraggiosi (only the braves!) hanno guidato lungo paludi e terreni scivolosi, attraversato ponti improvvisati di tronchi e superato fiumi in piena. Centocinquanta veicoli, fra partecipanti e organizzazione, hanno preso il via dall’hotel Ibis di Kuala Lumpur per poi dirigersi verso Kota Bahru, Tumpat, Tanah Merah, Kuala Krai e più giù, sino alla giungla profonda nel sud del Kelantan, a Gua Musang per la serata di chiusura.
I lunghi tratti da percorrere, lontano da città e villaggi, hanno richiesto all’edizione dello scorso anno un maggior impegno organizzativo a cominciare da quello per il trasporto del carburante perché dal terzo giorno a fine evento i veicoli hanno dovuto garantirsi in totale autonomia i rifornimenti. Se agli 8 giorni (sui 12 in programma) fuori da ogni forma di civiltà si aggiungono umidità, pioggia e i numerosi ostacoli naturali incontrati nella giungla, è facile intuire quanto questa sfida sia stata ardua per gli equipaggi in gara. “Qui il terreno è diverso da qualsiasi altro mai affrontato prima: in soli 2 km di pista si trovano ostacoli che avrebbero bisogno di ore per essere superati. E le strategie ideate prima dello start su come comportarsi in determinate situazioni svaniscono all’istante. Le operazioni reali, a terra, sono tutt’altra cosa. Nella giungla i percorsi si trasformano da facili in estremi in un batter d’occhio: bastano poche ore di pioggia per incontrare frane e inondazioni” – spiega Luis J.A Wee. Ma chi affronta la manche finale dell’RFC Global Series lo sa bene e il nome Rainforest, d’altronde, non è stato certo scelto per caso. Ancora una volta, fango, acqua e terreni rocciosi hanno messo a dura prova driver e navigatori che hanno anche dovuto affrontare l’insistenza delle piogge monsoniche.
Una sfida serrata sino all’ultimo giorno e all’ultima speciale quando, finalmente, le due categorie – prototipi e veicoli di serie modificati – hanno assegnato la vittoria ai russi Roman Kulbak e Mikhail Perepelkin (Team #104) e all’equipaggio malese/vietnamita Tan Eng Joo e Nguyen Duy Phuong (Team #117), rispettivamente campioni assoluti in una finale del Rainforest Challenge per la terza e sesta volta. E se schierarsi alla linea di partenza di quest’avventura malese e raggiungere il traguardo è già una vittoria, conquistarne addirittura il podio, pur fra mille difficoltà, vuol dire essere sulla vetta dell’off-road estremo. “Per la prima volta nella storia del Rainforest, la premiazione si è svolta nel cuore della giungla, a Pos Gob, località nota come Mondo Perduto, nome che la dice lunga su questo luogo – racconta Luis J.A Wee – E’ stata una cerimonia di ritorno alle origini con ritmi e atmosfere autentiche. Ma il bello in realtà doveva ancora arrivare perché uscire dalla foresta e ritornare alla civiltà si è rivelato più difficile che mai. Gli equipaggi ci hanno messo dalle 24 alle 41 ore e gli ultimi veicoli dell’organizzazione ci sono riusciti solo nel tardo pomeriggio del 5 Dicembre”.
Ritorno nel Kelantan: in gara dal 28 Novembre al 9 Dicembre 2019
Quel che è certo è che la prossima finale del Rainforest avrà
ancora due Twilight Zone (il 4 e il 6 Dicembre), un prologo a
Tumpat (il 1° Dicembre) e l’arrivo a Gua Musang per la cerimonia
di chiusura evento (il 9/11). Per il secondo anno consecutivo, sarà
quindi lo stato malese del Kelantan a fare da scenario alla “sfida
delle sfide” per assegnare ai due migliori team internazionali il
gradino più alto del podio nelle categorie prototipi e veicoli di
serie modificati (ma non mancheranno anche altri ambiti
riconoscimenti). Questo il programma del RFC Grand Final: 28
Novembre, primo briefing serale all’hotel Ibis di Kuala Lumpur; 29
Novembre, trasferimento dalla capitale a Kota Bahru; 30 Novembre,
verifiche e briefing generale; 1° Dicembre, partenza per la spiaggia
di Tumpat per cerimonia di apertura e prologo; 2 Dicembre, convoglio
da Tumpat a Pasir Putih e campo base Predator a Ulu Sat; 3
Dicembre, special stage; 4 Dicembre, partenza degli equipaggi per la
TZ I (Bukit Bakar, campo base Terminator); 5 Dicembre,
prove speciali; 6 Dicembre, partenza da Bukit Bakar per Kuala Krai e
Gua Musang per la Twilight Zone II; 7-8 Dicembre, Survival SS
a Gua Musang; 9 Dicembre, finale e cerimonia di premiazione a Gua
Musang; 10 Dicembre, partenza per Kuala Lumpur. Pronti alla nuova
sfida? Per informazioni: www.rfc-global.com
RFC
Malesia 2018 Classifica
Categoria
Prototipi:
Team #104 – Russia (Roman Kulbak e Mikhail Perepelkin)
Categoria
Veicoli di Serie Modificati:
Team #117 – Malesia/Vietnam (Tan Eng Joo e Nguyen Duy Phuong)
Categoria
Fino a 3050 cc. Diesel:
Team #122 – Malesia (Mohd Norulhafiz B. Abd Razak e Muhammad
Ameen)
Categoria
Fino a 3050 cc. Benzina:
Team #138 – Malesia (Hanipa B. Hamzah/Mohd Hafizi B. Che Muhamad)
Categoria
Da 3051 cc. Diesel:
Team #136 – Malesia (Ismail Hashim e Rabudin Abd Hamid)
Categoria
Da 3051 cc. Benzina:
Team #104 – Russia (Roman Kulnak e Mikhail Perepelkin)
Categoria
Ladies Team:
Team #108 – Malesia/Ecuador (Maslina Ibrahim e Gia Brichetto)
RFC
Malesia 2018 Special Awards
Categoria
Team Spirit Award: Team Terbang (#125, #126 e #129)
Jungleman
Award: Pokta
Competed
in Most RFC Award: Li Pak Sau (Hong Kong)
Most Unique 4×4 Award: Team #111 Russia-Caucaso (Aibazov Anzor e Khubiev Rasul)
Testo Sonja Vietto Ramus Foto Pavel Mothejl
Questo messaggio è visibile solo agli amministratori.
Problema di visualizzazione dei post di Facebook. Cache di backup in uso.
Appuntamento in Marocco dal 30 Novembre al 6 Dicembre 2019
Fra le prove di navigazione fuoristrada nel deserto, il Sin Fronteras Challenge è una delle competizioni spagnole amatoriali di maggior successo. Dopo 14 edizioni (l’ultima, l’anno scorso, con 70 equipaggi partecipanti) ripetute con la stessa formula, l’organizzazione ha fatto un passo avanti e, sulla scia delle gare più ambiziose, ha ideato una nuova sfida, un puro rally-raid, simile nello stile al famoso Morocco Desert Challenge di Gert Duson.
Anno dopo anno, le squadre iscritte al SFCH hanno fatto affidamento sull’organizzazione ispanica che si è migliorata ad ogni edizione così come i partecipanti stessi, molti dei quali allo start su veicoli con preparazioni adatte a gare prestigiose. Il grande interesse delle squadre per questo tipo di rally, la crescente abilità di guida dei piloti, la bravura dei copiloti in navigazione e l’emergere dei Side-by-Side hanno spinto gli organizzatori a creare l’Iriki Rally che, come da migliore tradizione, è destinato a rispondere alle necessità di molti team amatoriali, con budget limitati ma livello tecnico importante, desiderosi così di partecipare a una vera e propria competizione nel deserto. Allo stesso tempo, il nuovo evento si rivolge anche a chi ha a disposizione mezzi più competitivi e un budget più consistente, a quei “professionisti” insomma che necessitano di continui test per la loro preparazione e formazione nell’offroad.
L’edizione 2019 del Sin Fronteras Challenge si svolgerà in territorio marocchino dal 30 novembre al 6 dicembre; nell’ambito dell’SFCH, il nuovo progetto offroad “Iriki” si presenta come un rally di velocità al massimo livello sportivo suddiviso in due 2 modalità di navigazione classiche (fra cui scegliere): “raid navigation” e “raid adventure”, ognuna con classifiche separate e itinerari diversi.
Cosa prevede l’Iriki Rally? Rivolto innanzitutto alle squadre per cui la corsa contro il “crono” è l’obiettivo principale, il nuovo evento targato SFCH prevede tappe in cui i concorrenti affronteranno i classici tracciati veloci del Marocco oltre a passaggi nascosti fra erg, fiumi e lingue di sabbia per raggiungere (anche) i CP nascosti.
La gara si basa su un sistema simile al “modello Dakar” dove bisogna seguire le indicazioni fornite dal tradizionale roadbook (con distanze e CAP) raggiungendo alcuni punti nascosti visibili solo tramite il sistema STELLA dell’organizzazione una volta che il concorente si trova all’interno di un certo raggio del CP stesso (tra i 200 e gli 800 metri).
Nell’edizione di dicembre le squadre partecipanti dovranno affrontare 5 tappe su piste sahariane, cordoni di dune e fiumi di sabbia avvalendosi dell’aiuto di sistemi tecnologici come GPS, TERRATRIP e STELLA.
La classifica verrà effettuata in base ai tempi totali, formati dai parziali controllati dal sistema MAKSHA che utilizza sofisticati microchip a radiofrequenza installati sulle auto da gara durante il raid e successivamente letti al passaggio sul traguardo da un lettore di barre.
In questa modalità di rally-raid è ammesso l’utilizzo di qualsiasi modello di GPS senza cartografia, qualsiasi tipo di mappa cartacea, di TERRATRIP o similare per misurare le distanze e di qualsiasi tipologia di bussola digitale o analogica. L’unico sistema di validazione del passaggio attraverso il WP / CP è il GPS fornito dall’organizzazione. È invece proibito utilizzare sistemi di navigazione con posizionamento in tempo reale, con o senza cartografia digitale come computer, laptop, tablet; modelli GPS con cartografia e mappe digitali.
Fra le misure di sicurezza personale obbligatorie sono richiesti casco per pilota e copilota (da indossare per l’intera durata dell’evento) e il collare Hans. I sedili devono avere poggiatesta adeguato all’altezza dei due occupanti il veicolo e essere abbinati a cinture a 5 punti. Il veicolo deve inoltre essere equipaggiato con una gabbia di sicurezza rollbar adeguatamente fissata; finestrini scorrevoli orizzontali o reti sportive completano l’equipaggiamento (il regolamento tecnico sul sito riporta tutte le dotazioni necessarie).
All’Iriki Rally possono partecipare veicoli 4×4 (categorie T1 e T2); UTV e Side-by-Side (T3); veicoli con carrozzeria a struttura tubolare o similare (T4).
Le iscrizioni sono aperte sino al 20 Ottobre. Che aspettate? Una nuova emozionante avventura in terra marocchina vi attende. Parola di Sin Fronteras Challenge.
Rainforest di nome e di fatto. L’edizione 2019 del RFC South Europe, organizzato dal 23 al 26 Maggio in Friuli dall’associazione FLS 4×4 e patrocinato dal Comune di Corno di Rosazzo (provincia di Udine), è stata più difficile e agguerrita che mai. Le forti piogge dei giorni precedenti hanno infatti trasformato il terreno già viscido in un fondo ancora più impraticabile, rendendo inesistenti i passaggi in aderenza e richiedendo grande lavoro soprattutto ai navigatori, costretti a sfoderare ogni tecnica possibile, dall’uso della taglia a quello della strop volante, per effettuare ancoraggi in laterale.
La gara ha preso il via nella mattinata di giovedì con le verifiche presso l’azienda agricola Cadibon in località Casali Gallo di Corno di Rosazzo, seguite, nel pomeriggio, dal briefing in tre lingue (italiano, inglese e tedesco) e dalla cerimonia di apertura nella tenuta “Perusini”. Proprio qui ha avuto luogo il prologo, con 4 prove speciali, che ha stabilito l’ordine di partenza del venerdì. Fra i preparati ad aggiudicarsi lo start è stato il Suzuki #23 di Giusti/Alba con 4000 punti, davanti al Suzuki #22 di China/Bortolussi con 3750, al #24 Corti/Otelli con 3590 punti e al #21 Ferro/Cernivani con 2690 punti (questi ultimi due equipaggi, rispettivamente, con 60 e 40 punti di penalità acquisiti durante le prove).
Nel gruppo “Proto” i più veloci sono stati Mazzega/Segat (#41) con 3950 punti seguiti, con breve distacco, dall’equipaggio #46 di Tironi/Tironi (3660), dal #43 di Guidoni/Moccia, dal #42 di Collarini/Cognini, dal #45 Moro/Moro, dal #44 Chapuis/Moro e dal #47 Schoffmann/Glanzer. Terminato il prologo, i team sono rientrati al quartier generale di Cadibon per effettuare le riparazioni necessarie; la serata si è infine conclusa con la cena a base di prodotti tipici friulani presso il ristorante “Cabelon” di Dolegnano.
Venerdì, le prime noie meccaniche ai mezzi non si sono fatte attendere anche per via del terreno scivoloso che non ha concesso la minima aderenza durante le manovre più impegnative. I navigatori hanno dovuto spesso risalire i ripidi pendii dei boschi alla ricerca di un solido appiglio. La giornata di sabato si è svolta con la stessa modalità del venerdì con gli equipaggi impegnati ad affrontare le diverse prove.
Ben 14 le prove speciali disputate in quattro giorni fra cui una notturna di 3 ore che ha richiesto anche la costruzione di un ponte con tronchi in tipico stile Rainforest: in questa prova si sono date battaglia due squadre, formate da equipaggi misti (prototipi e preparati), su un lungo tracciato.
Protagoniste del podio di quest’anno sono state Francia e Italia impegnate rispettivamente nelle classi “Proto” e “Preparati” con il Team GBJ di Chapuis/Moro, su Toyota BJ, e il Red Team di Giusti/Alba su Suzuki. Entrambi gli equipaggi hanno partecipato a passate edizioni del Rainforest friulano: Chapuis & Moro hanno esordito nel 2018 dimostrando già eccellenti doti di guida e navigazione con un buon gioco di squadra che li ha portati a conquistare un meritatissimo 4° posto divenuto podio assoluto nel 2019; Giusti/Alba hanno fatto tesoro di alcune esperienze che, nel 2018 e quest’anno nuovamente, li hanno portati sul piazzamento più alto di categoria. “Siamo partiti con i migliori propositi per vinceree difendere il titolo – confidano Mirko Alba e Steven Giusti (Red Team) – Le prove sono state impegnative e tecniche con tratti veloci e il Suzuki si è comportato bene! La competizione è stata davvero entusiasmante grazie a avversari agguerriti. Insomma, meglio di così non poteva andare! Vorremmo ringraziare tutti quelli che ci hanno permesso di essere presenti: la Rothen Oil, la Black Performance per l’assetto, l’Italgiunti per gli alberi di trasmissione, l’amico Marco, il Red Team e tutti gli amici che di giorno e di notte ci danno una mano negli interventi di manutenzione!”.
Bella gara anche quella dell’austriaco Schoffmann navigato da Glanzer, su Jeep Proto del Team Hot Rod Offroad Garage, presente al Rainforest South Europe nelle ultime tre edizioni. Quest’anno il suo 4×4 ha avuto meno noie meccaniche e la guida attenta ha condotto l’equipaggio al podio in seconda posizione nella categoria Proto.
Tra i preparati il secondo gradino del podio è andato invece al Team X3ME di China/Bortolussi su Suzuki, con solo 600 punti di distacco dal vincitore assoluto: l’equipaggio, nonostante la prima partecipazione al RFC, è sceso in pista più agguerrito che mai dimostrando grinta da vendere in tutte le speciali seppur con un mezzo messo a dura prova.
Terzi ma entusiasti (questa è stata la loro prima esperienza) per il podio, il “duo” padre-figlio Tironi/Tironi a bordo di un Proto di derivazione TJ: “Nel complesso la macchina non ha avuto problemi, abbiamo solo dovuto cambiare le candele. E poi, nella crono di domenica, abbiamo conquistato il miglior tempo e questo ci dà grande soddisfazione!”.
“Mai mollare” è il motto del team triestino 4×4 M.T.C.M composto da Ferro & Cernivani che nonostante i problemi meccanici del loro Suzuki si sono piazzati sul terzo gradino del podio in categoria preparati. Già esperto di queste competizioni, l’equipaggio ha dimostrato ancora una volta un grande affiatamento e abilità alla guida.
Il vantaggio iniziale conquistato dal duo Mazzega/Segat, allo start con un Polaris RZR Portal Gear, è svanito purtroppo a fine manche: “Nell’ultima prova si è rotto il perno fuso del fusello inferiore che ha staccato la ruota – spiega Mazzega – Era lesionato probabilmente già dalla prima giornata. Così abbiamo dovuto improvvisarci anche meccanici. E’ stata comunque una bella gara e ci siamo divertiti moltissimo” .
La sfortuna ha costretto al ritiro anche alcuni altri equipaggi fra cui i romani Guidoni/Moccia del Team SRM Garage, ormai fedeli all’evento RFC South Europe: partiti molto bene nella prima edizione della gara con un meritatissimo primo posto assoluto, hanno purtroppo sofferto ancora una volta per via di un problema al cambio, nonostante tutte le manutenzioni prestate. Stesso epilogo per Collarini/Cognini su Jimmis 4×4 del Red Team: costretti a sostituire prima l’alternatore, hanno infine dovuto arrendersi per lo “sbiellaggio” del motore.
Risultato a parte, applausi anche all’altro team francese, Moro/Moro (Team Moro & C.), alla guida di un Toyota iscritto in categoria Proto; giunti in Friuli al Rainforest South Europe per la prima volta, pilota e navigatore hanno lottato sino allo sfinimento per tagliare il finish con una spettacolare esibizione in notturna ma il terzo giorno il loro Toyota li ha costretti a rinunciare per noie meccaniche a blocco e sterzo.
Prima esperienza al RFC South Europe anche per Corti/Otelli: “Che dire… l’evento è stato davvero “esagerato” a partire da disponibilità, simpatia e preparazione dello staff che ci ha accolti e seguiti per tutto il tempo. Senza dubbio quello che ci ha colpiti di più è stato il vero “senso di gruppo” sia in gara che fuori…aspetto che, purtroppo, in tante manifestazioni si è perso di vista. E’ stato davvero un bel week end: peccato solo per il mezzo che ci ha abbandonati troppo presto, per il resto devo dire che la gara è di alto livello, bellissima, sicuramente da ripetere!”.
Freedom Live Style 4×4 ringrazia tutti gli sponsor; le aziende agricole “Cadibon”, “Perusini Wines” e “La Viarte” che hanno messo a disposizione le loro proprietà rendendo possibile la realizzazione dei tracciati di gara e per aver premiato, assieme all’azienda agricola “Davide Feresin”, tutti i concorrenti con due confezioni di vino del Collio; i partecipanti; i commissari di percorso; gli addetti al chiosco; Matteo Rivola che ha permesso di eseguire direttamente sul campo di gara interventi di riparazione ai mezzi; tutti quanti hanno collaborato alla riuscita dell’evento. Sponsor dell’evento: Coop Premariacco, Cadibon, Perusini Wines, La Viarte, Birra Agricola, Ciemme, Hotel Felcaro, Ristorante Ca’ Belon, Cortem, Corte di Castello e TLT.
Testo Sonja Vietto Ramus Foto Gianna Vardanega
Classifica finale Rainforest Challenge South Europe – (23/26 Maggio 2019)
Categoria Proto:
1. #44 Chapuis-Moro su Toyota – Team GBJ – 9.100 punti
2. #47 Schoffmann-Glanzer su Jeep – Hot Rod Offroad Garage – 8.370 punti
3. #46 Tironi-Tironi su Proto – Team Passione Motori – 8.010 punti
4. #41 Mazzega-Segat su Polaris – Team X3ME – 6.480 punti
5. #45 Moro-Moro su Toyota – Team Moro & C. – 3.770 punti
6. #42 Collarini-Cognini su Jimmis – 4×4 Red Team – 3.290 punti
7. #43 Guidoni-Moccia su Jeep – Team SRM Garage – 1.850 punti
Categoria Preparati:
1. #23 Giusti-Alba su Suzuki – 4×4 Red Team – 12.950 punti
2. #22 China-Bortolussi su Suzuki – Team X3ME – 12.350 punti
3. #21 Ferro-Cernivani su Suzuki – Team 4×4 M.T.C.M. – 6.950 punti
4. #24 Corti-Otelli su Land Rover – Team Jene Extreme – 3.670 punti
Questo messaggio è visibile solo agli amministratori.
Problema di visualizzazione dei post di Facebook. Cache di backup in uso.
IL MOROCCO DESERT CHALLENGE INCORONA I VINCITORI 2019: VAUTHIER (auto/buggy), VIAZOVICH (camion), PINCHEDEZ (ssv) e HOWES (moto).
Grande successo per l’11^ edizione del rally-raid targato Gert Duson.
Non fosse per qualche iscrizione ritirata all’ultim’ora (veicoli non ultimati), questa edizione del Morocco Desert Challenge, l’undicesima, sarebbe stata davvero da Guinness dei Primati. Sì, perché il 13 Aprile, sulla celebre Plage Blanche, 250 km a sud di Agadir, si sono schierati qualcosa come 300 veicoli rally-raid, 210 fra camion e auto di assistenza e 1300 persone. Dati alla mano, questo evento sportivo creato dal belga Gert Duson nel 2008 in Libia e approdato poi in Marocco, è diventato il secondo più grande cross country challenge al mondo per numero d’iscritti. Addirittura il primo in assoluto nella categoria trucks (allo start ce n’erano ben 35 di T4). Percorsi mozzafiato con 8 tappe dall’Atlantico al Mediterraneo, road book al limite della perfezione, bivacchi in puro stile dakariano, sicurezza al primo posto (con elicotteri e ambulanze 4×4), ristori da 3 stelle Michelin, scenari nuovi ogni giorno e “trasferimenti zero”. Vale a dire, niente asfalto ma solo off-road. Una vera sfida, fra appassionati e nomi più noti dei rallies-raids ma senza team (o veicoli) ufficiali. Perché lo spirito più autentico, voluto sin dalla sua prima edizione, è anche uno dei cavalli vincenti di questo challenge ospitato in terra d’Africa. Gert lo ha ripetuto più volte, anche alla premiazione finale fra gli applausi dei partecipanti: qui, al MDC, non si vedranno mai piloti o scuderie dai nomi altisonanti. In realtà, ne siamo quasi certi, un’eccezione la farebbe se qualche pilota professionista decidesse di voler partecipare con un mezzo con cui non gareggia solitamente nelle grandi competizioni. Un esempio? Al-Attiyah, magari dietro il volante di un side-by-side. In attesa dell’edizione del 2020, ecco intanto come è andata quella di quest’anno che, dopo la partenza da Agadir, si è conclusa a Saidia, la “Perla blu del Mediterraneo” dopo un’avventura di 3 mila km.
Podio assoluto per lo svizzero Remy Vauthier con il suo buggy MD: a lui la vittoria del MDC 2019.
Con il performante MD Optimus #308 l’equipaggio svizzero-francese di Remy Vauthier e Jean-Michel Polato ha conquistato il Morocco Desert Challenge 2019 in categoria auto/buggy. Dopo aver percorso 3 mila km fra piste e dune marocchine, il pilota di Chene-Bougeries, nel Canton di Ginevra, ha avuto la meglio su un altro MD, quello del francese Jérome Pelichet, che il traguardo lo ha tagliato con un distacco di poco più di 7 minuti. Al terzo piazzamento si è classificata la Volkswagen Amarock #315 guidata dallo spagnolo Fernando Alvarez, con Sergio Lafuente (Uruguay) sul sedile del navigatore. “Siamo molto contenti di aver vinto questa edizione del Morocco Desert Challenge che, per noi, rimane uno dei rallies-raids più belli e meglio organizzati a livello internazionale – spiega Vauthier – Non è stato semplice visto anche il parterre di mezzi e piloti presenti, oltre che per il numero di iscritti schierati alla partenza. Abbiamo fatto di tutto per portare i colori dell’MD Rally Sport sul podio… riuscirci è stata una soddisfazione enorme!”. Partita con i migliori presupposti, la partecipazione di Jean Pascal Besson e Sébastien Delaunay su Peugeot DKR 3008 (Easy Rally Raid) si è invece conclusa con un 31° piazzamento nella generale: le due vittorie di tappa (con 2 secondi posti e un terzo gradino del podio provvisorio) non sono state sufficienti a compensare i ritardi per via di noie meccaniche al mezzo di uno degli equipaggi favoriti sin dalla partenza. Sfortunata anche la performance dell’olandese Erik van Loon (Toyota Hilux Overdrive), vincitore di due special stage ma poi costretto a ritirarsi anzitempo dal rally.
Siarhei Viazovich (Maz-Sport Auto) si aggiudica il podio in categoria “truck” alla sua prima gara in Africa.
Dire che si tratti della fortuna del principiante non sarebbe esatto visto che di rallies-raids ne ha fatti (e vinti) già molti in giro per il mondo. Tant’è però che alla sua prima competizione in terra africana, il bielorusso Siarhei Viazovich ha riportato una splendida vittoria piazzando il Maz 640RR #503 sul podio della classifica assoluta di categoria, al traguardo con un tempo di 35h51’30”. In cabina con Anton Zaparoshchanka e Siarhei Sachuk, il pilota del Team Maz-Sport Auto è stato uno dei grandi protagonisti di questa edizione del MDC: grazie alla vittoria di una speciale, a due secondi piazzamenti e a buone performance nelle altre SS, Viazovich ha portato i colori della Bielorussia sul gradino più alto del challenge. “Una grande vittoria per tutta la squadra, per me ma anche per Aliaksei Vishneuski (equipaggio #510) che si è piazzato terzo assoluto – commenta Viazovich – Il Morocco Desert Challenge è stato il nostro primo rally-raid in Africa e non speravamo certo di raggiungere un risultato così importante. Abbiamo fatto del nostro meglio, cercando di migliorare giorno dopo giorno, imparando ad affrontare certi tipi di terreno, guidando più veloce in alcuni tratti e più lentamente, senza prendere rischi, in altre speciali. Sulle dune di Merzouga ci siamo divertiti molto nonostante il forte vento non aiutasse certo nell’individuare il passaggio più giusto. Il camion si è comportato bene, ci ha dato davvero poche noie permettendoci così di fare quei tempi che alla fine ci hanno assegnato il podio assoluto”. Al secondo posto si è piazzato il Man dell’olandese Peter Versluis che ha raggiunto il finish con un distacco di poco più di 22 minuti dal primo. A dire la sua anche Martin van den Brink (Mammoet Rally Sport) su Renault, quarto nella generale nonostante diverse forature che hanno attardato il suo K-520 al finish di questa edizione del rally: il driver olandese, in gara al MDC per la quarta volta (una in sella a una due ruote e le altre alla guida di un camion), ha preceduto di 8 minuti il Man di un altro olandese, Roeland Voerman.
Podio SSV per il Can Am di Pinchedez/Brucy. Geoffroy Noel de Burlin con il suo Polaris “single seater” si piazza ottavo.
Fra i side-by-side in gara in questa edizione del MDC, il protagonista indiscusso è stato lui. Chassis leggerissimo, rigido al punto giusto ma costruito con l’acciaio più resistente, il Maverick X3 della canadese Can Am, ha conquistato ben 9 piazzamenti fra i primi dieci della classifica assoluta (l’altro è andato al Polaris Sportsman ACE di de Burlin). Dopo 8 tappe e un percorso coast-to-coast dall’Atlantico al Mediterraneo, con la Plage Blanche e Saidia a fare da start e finish di questa 11^ edizione del challenge, la vittoria in categoria SSV è andata al francese Philippe Pinchedez, navigato da Jean Brucy: l’equipaggio #203 del Team Pinch Racing, autore di una gara quasi perfetta dal punto di vista tecnico, si è portato a casa il gradino più alto del podio. Con un ritardo di 1 ora e 16 minuti, un altro Can Am, quello numero 237, ha conquistato la medaglia d’argento con Stephane Chambon & Antoine Paque davanti al belga Marc Mauwers. Se Can Am ha fatto la differenza in questa sfida fra le piste e le dune del Marocco, un giovane belga di Bruxelles ne è stato il grande eroe. Per grinta e bravura. Il Morocco Desert Challenge ha visto infatti scendere in campo il primo paraplegico ad affrontare il deserto al volante di un buggy “single seater”, senza navigatore cioè. Una nuova sfida che lo ha visto piazzarsi all’ottavo posto della classifica generale dopo aver tagliato il traguardo in meno di 45 ore. Laureato in educazione fisica, Geoffroy Noel de Burlin, 38 anni, dopo una caduta in snowboard, ha fatto dei rallies-raids una terapia. Il salto di qualità risale al 2014 al Libya Rally, assieme a un altro pilota con disabilità motorie, Thierry Gerome. “Contro ogni probabilità e dopo 7 giorni di gara siamo arrivati in cima alla classifica degli SSV e quarti assoluti – racconta soddisfatto – L’anno successivo abbiamo vinto di nuovo. Una grande soddisfazione!”. Niente male considerando che per il cambio di uno pneumatico i normali tempi arrivano a quadruplicarsi. Dopo anni di gare nel ruolo di co-driver, Geoffroy ha scelto il MDC per mettersi, in solitaria, alla guida del suo Polaris: “Un percorso fatto al 100% da piste e sterrati, senza trasferimenti, una grande organizzazione, elicotteri in caso di emergenza e un’atmosfera autentica, quella delle gare di una volta. E poi, per me è iniziato tutto qui, non potevo che tornare: ancora una volta è stata un’esperienza unica”.
Skyler Howes conquista il MDC 2019 in sella alla sua Husqvarna davanti allo spagnolo Pedrero (KTM).
USA vs Spagna. Alla fine, seppur con un minimo distacco di 1 minuto e 6 secondi, l’americano Skyler Howes sulla sua Husqvarna #106 ha vinto questa edizione del MD Challenge piazzandosi davanti a un agguerrito Joan Pedrero su KTM. Una sfida che ha tenuto tutti con il fiato sospeso e che ha visto i due piloti contendersi i primi due piazzamenti di ogni speciale: 3 se le è aggiudicate Skyler e 5 Pedrero ma la somma dei tempi conseguiti ha assegnato il podio al motociclista USA che ha fatto la differenza sui 370 km della SS6, da Zagora a Merzouga, dando ben 4 minuti di distacco al suo avversario. “Che dire…mi sono davvero divertito molto a guidare su questi percorsi che a volte si sono rivelati per niente facili da affrontare per via del forte vento e delle dune impegnative – commenta Howes – Joan è stato un eccellente rivale, molto bravo a guidarti vicino e a metterti sotto pressione. Ci siamo scambiati più volte la posizione al comando delle speciali, in alcune occasioni è stata più veloce la sua KTM, in altre ho avuto la meglio io. Sono felice di aver vinto questa edizione del Morocco Desert Challenge, ci ho messo tutto me stesso per tagliare per primo il traguardo finale e portare la mia Husqvarna sul podio assoluto. Ho imparato molto sia nella guida che nella navigazione ma soprattutto a controllare le mie emozioni nelle situazioni più diverse di un rally duro e importante come questo. Cosa mi è piaciuto? Tutto: i percorsi senza liaison, l’atmosfera, i bivacchi, il cibo. Qui si è respiraao davvero l’aria delle Dakar di un tempo…”. Con due Husqvarna al primo e terzo posto della generale (la medaglia di bronzo è andata a Paul Spierings con un distacco di quasi 4 ore e 50 minuti da Howes), KTM ha conquistato il secondo piazzamento e ben altri 6 della top ten dimostrando di essere sempre il marchio più presente e da battere nei rallies-raids. Da segnalare anche le buone prestazioni di Harite Gabari, pilota di nazionalità marocchina alla guida della sua KTM RR 450 di ritorno dopo un paio di anni di assenza dalle competizioni, e del francese Laurent Weibel (KTM EXC-F 450).
Gli italiani in gara: ecco come sono andati.
Se Aldo e Dario De Lorenzo sono stati costretti ad abbandonare la competizione marocchina dopo pochi giorni dallo start, per via di alcune noie meccaniche al loro Mitsubishi Pajero, l’equipaggio #337 (al MDC con la stessa assistenza del Team Jazz Tech Offroad dei gemelli De Lorenzo) ha invece tagliato il traguardo del challenge piazzando la Toyota FJ al 35° posto dell’assoluta di categoria auto/buggy. A navigare la giapponese Keiko Hamaguchi è stato l’esperto co-driver italiano Umberto Fiori che, grazie alla sua grande esperienza nei rallies-raids, ha saputo portare a casa un buon risultato. Fra gli SSV bella prestazione di Gianernesto Astori e Francesco Tarricone (Yamaha YXZ 1000R), con i colori dell’ABC Rally Action Team, 22imi nella generale. In gara anche la Porsche Carrera 911 di Agostino Rizzardi e Luca Ornati, il Land Rover Defender di Tommaso Castellazzi (T.T.Team) con l’assistenza della Payustech e il Can Am di Lorenzo Rocco di Torrepadula.
Questo messaggio è visibile solo agli amministratori.
Problema di visualizzazione dei post di Facebook. Cache di backup in uso.
Un coast to coast, dall’Atlantico al Mediterraneo, con 8 tappe alla scoperta del Marocco e del suo deserto. La nuova edizione del challenge targato Gert Duson è pronta a prendere il via l’11 Aprile da Agadir
Con oltre il 50% in più di partecipanti schierati sulla linea di partenza rispetto allo scorso anno (fra cui il doppio di equipaggi in categoria SSV), il Morocco Desert Challenge 2019 si appresta a battere tutti i record. Sabato 13 aprile, 300 veicoli rally-raid, 210 fra camion e auto di assistenza e 1.300 persone daranno il via da Agadir ad un’emozionante undicesima edizione, trasformando questo evento nel secondo più grande cross country challenge al mondo per numero di iscritti.
Allacciate le cinture perché la sfida sta per iniziare. E sarà di quelle toste. Parola di Gert Duson che, forte di uno staff di 170 persone, ha fatto di questo rally-raid nato in Libia nel 2008 e approdato poi in Marocco, un sogno per tanti appassionati. Road book perfetti, navigazione con GPS Unik di ERTF, due elicotteri, sistema Iritrack: priorità assoluta alla sicurezza sì ma anche bivacchi in pure stile africano, ristori di qualità e spettacoli serali. E poi loro, i percorsi, da un paio di anni diventati dei coast to coast, ogni giorno fra differenti scenari e con il nuovo concetto di “trasferimento zero” introdotto nel 2018. In pratica, niente asfalto ma solo off-road.
Un rally-raid da guinness dei primati. Fra i camion, il Morocco Desert Challenge è addirittura il numero 1 al mondo con ben 35 trucks da corsa in gara. “Con grande orgoglio possiamo dire che allo start ci saranno molti team importanti – commenta il belga Gert Duson, organizzatore del challenge – Il team Maz-Sportauto, Petronas De Rooy Iveco e Gregoor Racing, Evm Rally Man, Renault Mammoet e Riwald, Scania Dakar-Speed solo per citarne alcuni si sfideranno in quella che promette di essere una fantastica battaglia di altissimo livello. Sono tutti T4 da corsa puri e non di assistenza veloce”.
Le altre categorie? A scendere in pista ci saranno circa 80 auto da rally, oltre 70 fra moto e quad, più di 60 SSV e 30 auto in categoria raid. Anche qui non mancano grandi nomi conosciuti a livello internazionale a iniziare da Joan Pedrero in motocicletta; Erik van Loon, Paulo Ferreira, Hennie De Klerk, Thomas Bell e Fernando Alvarez in auto. Fra i side-by-side a farla da padrona sarà il marchio Can-Am con decine di Maverick X3 affiancato da qualche Polaris RZR 1000 e Yamaha YXZ1000 mentre il parterre motorbikes vede un vasto schieramento di KTM con una manciata di Husqvarna, Yamaha, Honda e Husaberg.
A tenere alto il nome dell’Italia in questa gara scenderanno in campo fra l’altro Aldo e Dario De Lorenzo (Jazz Tech Offroad) alla guida di un Mitsubishi Pajero (#371), Tommaso Castellazzi (T.T.Team) con Land Rover Defender #379, Agostino Rizzardi e Luca Ornati (Rizzardi Team) su Porsche Carrera 911 con il numero #322. Con i colori dello ZZ Kustom RS (equipaggio #215) ci saranno Lorenzo Rocco di Torrepadula & Christian Fringhian (Can-Am) mentre Gianernesto Astori/Francesco Tarricone (#216) su Yamaha saranno i portacolori dell’ABC Rally Action Team.
“Nonostante ci siano sempre più piloti di alto profilo al MDC, ciò che rimane invariato è lo spirito tradizionale e amichevoleche anima questa competizione – afferma Gert Duson – Il Morocco Desert Challenge è e rimane una manifestazione amatoriale. Ciò si riflette, ad esempio, nel numero elevato di iscrizioni fra gli SSV. In questa categoria, di facile accesso e molto divertente, il numero di partecipanti è più che raddoppiato: da 28 partecipanti l’anno scorso, in questa edizione hanno raggiunto quota 62”.
A dare inizio all’11^ edizione del challenge saranno le verifiche tecniche e amministrative ospitate in Place Al Amal (Agadir), l’11 e 12 Aprile, mentre lo start ufficiale avverrà il 13 con il tradizionale prologo che dalla Plage Blanche, 250 km a sud della nota località balneare marocchina, porterà i concorrenti in direzione di Abetteh con una speciale di 218 km caratterizzata da dune, prove degne del WRC e passaggi rocciosi. La seconda tappa (Abetteh-Smara) percorrerà in parte una vecchia pista dimenticata della Dakar, a sud, oltre Laayoune mentre con la terza (Smara-Assa) sembrerà, a tratti, di guidare attraverso la savana africana fra vallate fitte di vegetazione e animali selvatici. I 425 km della tappa 4, da Assa a Foum Zguid, accompagneranno nella traversata della più grande zona militare del sud marocchino in un paesaggio desolato ma maestoso: piste veloci con fondo duro (attenzione ai salti!) saranno il divertente campo da gioco per i piloti delle due e quattro ruote. A chi piace la sabbia, tanta e tosta, la PS 5 da Foum Zguid a Zagora regalerà 308 km di pura guida nell’Erg Chegaga, attraversato da ovest a est. Altra tappa classica quella da Zagora a Merzouga (prevista il 18 Aprile) con piste sabbiose in direzione di Marabout, il passo di M’Harech, le dune d’Ouzina e quelle dell’Erg Znaigui per concludere con una prima corta attraversata dell’Erg Chebbi. Le dune più alte del Marocco, sempre nell’Erg Chebbi, attenderanno i concorrenti nel penultimo giorno di rally prima che il CAP faccia rotta verso nord per un percorso nel Plateau di Rekkam con piste tecniche la mattina e navigazione e drift il pomeriggio. Ultima speciale da 219 km fra coltivazioni e pampas (con tracciati a tratti difficili da trovare) per raggiungere il sud di Oujda. Cerimonia di premiazione e chiusura rally a Saidia, la “perla blu del Mediterraneo”.
“La velocità da sola non sarà l’unico aspetto del MDC – conclude Duson – La navigazione richiederà molta attenzione ai partecipanti e anzi, qui e là, ridurrà drasticamente la velocità. Uno di fianco all’altro i km di gara di questa edizione saranno più di 2500, senza un solo km di trasferimento su asfalto, attraverso i paesaggi più disparati che il Marocco offre. Il nostro obiettivo è sedurre i nuovi partecipanti così come chi ci è stato fedele da anni, i piloti di alto livello e quelli per cui il Morocco Desert Challenge è divertimento e vacanza perché questo, non smetterò di ricordarlo, è un evento amatoriale in cui la cordialità è importante quanto la gara stessa”.